giovedì 15 ottobre 2009

MESSINA VERSO L’ APERTUTA DEI CANTIERI DEL PONTE. SEMBREREBBE RIDICOLO MA INVECE E’ COSI’.

Berlusconi e Matteoli continuano a ribadire che la data d’inizio dei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina non viene messa in discussione e sarà nel Dicembre del 2010.
E’ evidente l’estremo imbarazzo del Sindaco e della sua Giunta di fronte a queste recenti dichiarazioni. Nessuna risposta è stata data, nessuno dei nostri amministratori si è permesso di dire che Messina non è pronta e che forse il capitolo ponte e la fase di cantierizzazione dovrebbero essere rimandati.
Vari sono gli aspetti e le problematiche che avrebbero dovuto segnalare al governo i nostri amministratori locali, invece siamo di fronte all’ ennesima dimostrazione della loro inadeguatezza e totale irresponsabilità politica.
Cito alcuni esempi per i quali ritengo un atto di totale ingenuità il dichiarare di far cominciare i lavori del Ponte già dal prossimo anno.

1. Mentre parlano di apertura dei cantieri del Ponte, a Giampilieri, Altolia, Molino, Briga Marina, Briga Superiore, Ponte Schiavo, si continua a scavare e forse dovranno evacuare anche altre persone. Non si è ancora deciso quale strategia mettere in campo per affrontare il problema degli sfollati e di come fare per restituirgli la quotidianità: se intervenire con la messa in sicurezza dei loro paesi o costruire nuove case altrove. E dove non si sa, perché in questa città non ci sono più spazi.

2. Non si ha ancora un quadro preciso sulla situazione degli altri villaggi in prossimità di torrenti e colline soggette a dissesto, i quali rischiano un disastro simile a quello di Giampilieri.
Inoltre non si è mai intervenuti sulla situazione critica di alcune frazioni che ogni anno vengono isolate per frane. Per citare qualche esempio, la strada che va da Bordonaro a Cumia Superiore viene interrotta quasi ad ogni maltempo, costringendo gli abitanti dei villaggi a percorrere la strada del torrente che, oltre ad essere dissestata, quando cala il buio diventa luogo di scippi e aggressioni ai danni degli abitanti dei villaggi. Ma questo è il gioco e il balletto delle responsabilità. Dopo quasi due settimane dal disastro di Giampilieri, non è stata data una risposta precisa sul perché dei ritardi dei lavori di messa in sicurezza della montagna.

3. Messina scarseggia di strade alternative alle vie principali: un’ interruzione di una strada principale della zona sud o della zona nord produce un effetto a catena sul traffico di tutta la città. Se poi aggiungiamo il fatto che non esistono corsie per i mezzi di soccorso, il tutto diventa ancora più problematico. Una situazione di emergenza può trasformarsi immediatamente in una tragedia.
In alcuni rioni della zona sud come ad esempio Contesse, il movimento di carico e scarico merci delle diverse attività commerciali, ogni giorno blocca il traffico di tutto il villaggio, a volte non lasciando spazio neanche al semplice passaggio pedonale.

4. Un altro punto è che non si ha soprattutto, e lo si è visto nel caso specifico di Giampilieri, una classe dirigente capace di poter gestire la fase dei lavori di costruzione dell’ opera.

E’ evidente che qui non si sta facendo nessuna previsione da veggente o che derivi dalla contrarietà assoluta all’ opera del Ponte, ma si sta soltanto facendo una valutazione oggettiva della reale e attuale situazione della città.
Quindi basta con queste affermazioni e conclusioni frutto soltanto di assoluta idiozia, Messina non sarebbe in grado di sostenere anni di cantierizzazione per la realizzazione del Ponte, allo stato attuale provocherebbero effetti e conseguenze disastrose per la vivibilità della nostra città.
Per questi e altri aspetti che potrei citare, mi chiedo come ancora si possa parlare di inizio dei lavori di costruzione del Ponte addirittura a partire dal prossimo anno.
Messina deve puntare ad aprire e gestire altri cantieri, quello del Ponte deve assolutamente e necessariamente essere rimandato.

Messina, una tragedia legalizzata.

Nubifragio a Messina: cronaca di una tragedia annunciata

Nei giorni 1 e 2 ottobre un violento nubifragio si è abbattuto su Messina. Giampilieri e Scaletta Zanclea sono le zone più colpite. Tra rabbia, lacrime e fango si contano adesso le vittime di una tragedia da tempo annunciata.

Ho visto la mia città disperarsi e piangere. Adesso tutti noi messinesi siamo davvero preoccupati.
Oggi si deve pensare più che mai alla nostra terra, alle nostre vittime, alla nostra gente che ha dovuto lasciare le proprie case e che adesso chiede aiuto a tutta la comunità.
Regnano ora il terrore, l’amarezza e la sensazione di abbandono. Ci si sente senza via d’ uscita, come se quel fango che non dà tregua fosse il concretizzarsi delle paure che attraversano la mente di tutti i messinesi, i quali da molti anni non trovano più un senso alla loro vita qui a Messina.

Oggi ci troviamo ancora più disorientati: anche la speranza di poter ricostruire un futuro migliore in questa città ci sembra ancora più lontana.

Giampilieri non esiste più e come questa frazione tante altre rischiano di scomparire se non si prendono i dovuti e necessari provvedimenti. I provvedimenti… appunto. Ieri il presidente Berlusconi ha promesso la costruzione di “nuovi quartieri” per gli sfollati. Quali quartieri, però? Sepolta com’è dal cemento, Messina non ha più spazi liberi in cui costruire.

Ho attraversato a piedi alcune tra le zone colpite dal nubifragio: Giampilieri, Scaletta Zanclea, Briga Marina, Santa Margherita, Ponte Schiavo, frazioni che prima di questa tragedia pochi conoscevano e pochi sapevano essere minacciate da frane, smottamenti e mareggiate.
Eppure quella stessa montagna di Giampilieri Superiore, nel 2007 aveva mostrato i primi segni di cedimento. Già nel 2007, la stessa.

I finanziamenti per metterla in sicurezza non sono arrivati per un grave errore di valutazione dell’ area, la quale non veniva classificata come zona a rischio. A conferma di ciò il rapporto del PAI siciliano (Piano Assetto Idrogeologico): la zona di Giampilieri non era stata considerata a rischio idrogeologico perché il comune di Messina non l’aveva segnalata alla regione.

Tragedia annunciata perché questa città ha una storia di selvaggio sfruttamento del territorio: le case sono state costruite senza la dovuta distanza dai torrenti, in terreni sabbiosi geologicamente inidonei, instabili e soggetti a dissesto, ma la maggior parte delle case non sono più abusive, anzi quasi tutte sanate da precedenti condoni.
Tragedia che si poteva evitare con una più attenta e precisa valutazione dei rischi e della pericolosità di quelle zone.

Nella mia esperienza di poche ore nei luoghi colpiti dal nubifragio vengo assalito dai suoni delle sirene dei mezzi di soccorso. Mi fermo ad ascoltare le voci ed i racconti della gente e forse riesco a percepire qualcosa in più della tragedia che Messina sta vivendo in questo momento.
Incontro un ragazzo di circa 20 anni: non è del posto, non è un curioso e neanche un giornalista , ma si trova lì dalla mattina per scavare tra il fango e le macerie sperando di ritrovare vivo un suo amico. Non mi racconta altro, non gli chiedo altro, già mi basta per capire.

Mi fermo in un vicolo coperto da circa un metro e mezzo di fango e non trovo via d’uscita, vedo la gente spalare il fango davanti all’ingresso delle loro case, tanto fango. Più avanti un gruppo di ragazzi prova a tirare l’auto fuori dal fango ed io cerco di dargli una mano.
Non tutti i presenti sul posto, però, sono lì per prestare il loro aiuto: anche in questo dramma, purtroppo, non sono mancati gli sciacalli che hanno cercato di approfittare della tragedia.
Piove ancora ed è quasi buio. I soccorritori continuano a scavare e intanto vedo arrivare i primi pullman venuti per portare via da quell’incubo gli sfollati.

Rifletto sul fatto che la tragedia è circoscritta a delle piccole frazioni.
Tornando verso casa mi accorgo che già dopo qualche chilometro dai luoghi del disastro sembra tutto normale come se non fosse successo niente.
E se questo dramma rimanesse periferico e come tale venisse dimenticato?

Fortunatamente tantissimi cittadini stanno rispondendo con ogni forma di solidarietà e di aiuti concreti: centri di raccolta fondi e di beni di prima necessità, squadre di volontari nei centri di smistamento e presso gli alberghi cittadini per dare conforto agli sfollati.

Leggo le ultime notizie sui giornali: sale il bilancio delle vittime e con esso il dolore, la rabbia, l’amarezza. Manca all’appello ancora tanta gente. E intanto si continua a scavare.
Mi chiamano degli amici, vogliono organizzare squadre di spalatori nelle zone colpite dal nubifragio.
Quel fango è di tutti noi e tutti insieme lo dobbiamo spalare.

Lo status delle città vendute al cemento

Le città moderne si profilano sempre più come ambienti in cui lo spazio dedicato al verde copre supercifi poco estese. Le sensibilità inespresse di coloro che desiderano vivere in un ambiente sano e in armonia con il territorio naturale trovano larghi consensi sui forum e in qualche manifestazione di piazza, invece che nelle istituzioni politiche.

Spesso nei grandi centri abitati accade che i pochi spazi esistenti, adibiti a verde pubblico o a servizi per la comunità, soffrono di una scarsa manutenzione e, di conseguenza, di una scarsa fruizione da parte della cittadinanza

“Stamattina mi sono svegliato al rumore delle ruspe che estirpano alberi in una campagna vicino casa; probabilmente ci costruiranno palazzi a cinque piani che impediranno ai raggi del sole di penetrare dalle mie finestre, impediranno ai bambini di crescere, di socializzare nel campetto di calcio, incentiveranno quella tendenza alla cementificazione in totale disarmonia con l’ambiente”.

Questo è lo status di un giovane cittadino del sud, postato su facebook una mattina e subito commentato da tanti amici, come a confermare l’esistenza di una sensibilità inespressa e spesso non rappresentata dalle istituzioni.
Alessandra commenta ironizzando e subito mi suggerisce di scrivere un articolo a riguardo; Elisabetta esprime la sua ammirazione per l’interesse che ha suscitato questo post; Nency si chiede chi comprerà tutte queste case e manifesta il suo rammarico per la scarsa attenzione delle amministrazioni locali verso l’ istituzione di aree da destinare al verde pubblico e a centri culturali, sportivi e ricreativi per bambini e per anziani.
Questo post e i relativi commenti suonano come una denuncia alle amministrazioni locali e ai loro Prg (Piano Regolatore Generale), laddove emerge la mancanza di un’adeguata pianificazione dei servizi quali impianti sociali, ricreativi, parchi e quant’altro utile alla comunità.
Significativa è la situazione di un quartiere della periferia della città di Messina. Il caso in questione riguarda il campo di calcio di Pistunina, una delle poche strutture del II quartiere della città adibita ad attività sportiva, culturale e ricreativa. Il Prg vigente del comune di Messina classifica quest’area come edificabile e quindi rischia di essere trasformata in un affare edilizio, probabilmente uno dei tanti palazzi destinati ad abitazioni private.
La qualità urbana delle nostre città viene indicata soprattutto in riferimento alla quantità di verde a disposizione; la presenza di verde è direttamente proporzionale alle dimensioni della città.
Spesso nei grandi centri abitati accade che i pochi spazi esistenti, adibiti a verde pubblico o a servizi per la comunità, soffrono di una scarsa manutenzione e, di conseguenza, di una scarsa fruizione da parte della cittadinanza.
A Messina, per esempio, l’ unico grande parco pubblico esistente è Villa Dante, il quale, vivendo da anni uno stato di degrado e di abbandono, è diventato ormai simbolo della cattiva e scarsa attenzione per il verde pubblico.
L’edificazione di grandi palazzi sulle nostre colline e sulle nostre coste è in forte espansione; espropri, variazioni al prg per costruire enormi palazzi con splendidi appartamenti, il tutto con costi esorbitanti. E poi succede che al primo temporale estivo le strade circostanti vengono attraversate da fiumi in piena color fango mescolato a acque fognarie per colpa di impianti idrici inadeguati.


Le costruzioni abusive sulle coste si accompagnano molte volte agli scarichi inquinanti rilasciati in mare, quindi oltre all’abusivismo si registra anche l’inquinamento delle nostre acque
Per non parlare delle nostre coste, sempre più invase dall’abusivismo edilizio: villette per le vacanze, grandi alberghi. Secondo un dossier della Legambiente solo nel 2009 si sono registrate 3.674 infrazioni, sono scattati 1.569 sequestri e 4.697 denunce. Pare che la classifica la guidi una regione del sud, la Campania. Ebbene si, il nostro sud non riesce a sfruttare le bellezze delle sue coste e del paesaggio marino secondo un programma di sviluppo turistico sostenibile. Le costruzioni abusive sulle coste si accompagnano molte volte agli scarichi inquinanti rilasciati in mare, quindi oltre all’abusivismo si registra anche l’inquinamento delle nostre acque.

Spesso ci si ferma allo studio, al dossier, alle considerazioni come quelle sui post dei social net-work e mai si interviene con una vera e propria azione organizzata atta a stimolare le istituzioni affinché correggano le proprie politiche.
La manifestazione prevista l’ 8 Agosto 2009 a Messina, vuole invertire questa tendenza. Infatti, oltre a ribadire la posizione di buona parte dei cittadini sul no alla costruzione del Ponte sullo Stretto, si propone di riunire la cittadinanza che è sensibile alle tematiche ambientali e che ritiene che lo sviluppo del proprio territorio vada di pari passo con la difesa e la protezione dell’ambiente che ci circonda. Al quadro descritto prima aggiungiamo quest’altro esempio di cementificazione selvaggia che, pur essendo legalizzata, rischia di derogare i principi di diritto di ogni cittadino di vivere in un ambiente sano. Infatti, possiamo facilmente immaginare che per costruire un’opera simile il prezzo da pagare, a livello di qualità della vita, sarà molto alto.
La velocità con la quale si continuano a edificare palazzi e opere inutili per la comunità è impressionante. Occorre dunque fermarsi per elaborare un piano di sviluppo sostenibile che presti maggiore considerazione ai diritti di tutti i cittadini, piuttosto che agli affari ed interessi dei pochi.

Messina è una “cloaca”? Parliamone!

Indignarsi o riflettere: ecco le due reazioni comuni dinanzi ad una critica. In queste due posizioni si è divisa la città di Messina nei confronti del giornalista Antonello Caporale che l’ha definita, insieme a Reggio Calabria, una “cloaca”. Si è trattato di un'offesa ingiustificata o di una coraggiosa e necessaria denuncia?


Il giornalista Antonello Caporale ha definito Messina e Reggio Calabria "due cloache"
Nelle ultime settimane il giornalista di Repubblica Antonello Caporale è argomento principale delle chiacchierate dei messinesi. Non lo è per l’uscita del suo libro Mediocri, in cui parla anche di Messina e del Ponte sullo Stretto, né tantomeno per i suoi studi giornalistici sulla città, ma piuttosto perché nel talk show televisivo “Exit” si è permesso di definire Reggio Calabria e Messina “due cloache di città”.
Il clamore suscitato dalle sue parole è riuscito a scuotere gli animi di molti messinesi che si sono divisi tra chi si è indignato ritenendo quelle parole un’offesa alla dignità dei cittadini (fino ad arrivare alla querela da parte del Sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca), chi si è espresso in difesa di Caporale e chi (il comitato “Giovani e Messina”) ha ritenuto opportuno intervenire e aprire un dibattito invitando il giornalista a Messina.
Malgrado diversi tentativi di ostruzionismo da parte delle istituzioni cittadine, che si sono definite “indignate” e restie ad accoglierlo, il dibattito con il giornalista c’è stato e si è svolto in due incontri: il primo in una libreria, dove principalmente è stato presentato il suo libro “Mediocri”, e il secondo in un circolo giovanile molto conosciuto in città, il Guernica, centro culturale e politico rappresentativo per i giovani messinesi.
Le parole di Antonello Caporale hanno dunque offeso i mediocri e mosso i talenti.


"Io accuso il malgoverno (...). Ma il malgoverno non è un prodotto del demonio: chiama tutti alle responsabilità personali"
Questo è, infatti, il senso più volte spiegato attraverso i blog e le mail di scusa che il giornalista ha inviato ai cittadini messinesi: “Chiedo scusa, dunque. Alle scuse, doverose e spero utili, perché il tono delle accuse, ancorché riferite in un contesto assai poco fraintendibile, non deve apparire eccessivo, aggiungo qualche altra considerazione. Io accuso il malgoverno, responsabile di una gestione dissennata di anni e anni, che ha piegato Messina così come ha ucciso Napoli, distrutto Caserta, reso serva Reggio Calabria. Ma il malgoverno non è un prodotto del demonio: chiama tutti alle responsabilità personali”.
Dinanzi a tali affermazioni, “la classe dei mediocri” non ha colto l’occasione per riflettere e discutere dei problemi reali della città (e quindi sulle ragioni di quella eccessiva espressione del giornalista), non ha aperto un dialogo con i messinesi né è intervenuta sulle emergenze cittadine, ma, piuttosto, ha intrapreso un’azione penale contro chi ha descritto, non a sproposito, una realtà problematica e controversa.
Al contrario, scopo dell’incontro è stato proprio quello di aprire un dibattito – tra i cittadini, le istituzioni, le organizzazioni politiche, i sindacati, le associazioni – e promuovere la cultura del confronto. Esistono, infatti, messinesi che lavorano ad una città migliore e discutono di quei problemi reali di Messina che anche Caporale conosce grazie ai suoi studi giornalistici. Non può quindi essere tollerata l’idea, espressa da alcuni, che “Caporale non può parlare perché non è di Messina” o, viceversa, “non può parlare perché anche lui è del sud”.
Antonello Caporale deve parlare con i messinesi, confrontarsi con loro ed intervenire; alla sua professione non è dato nessun confine geografico, se non quello della verità dei fatti.

Da 40 anni i messinesi sentono parlare di un colossale Ponte sullo Stretto ma ancora nessuno ha risolto i problemi concreti dei cittadini
Io, da messinese, credo che non dovremmo sentirci offesi dal termine “cloaca” pronunciato dal giornalista riferendosi alla nostra città: ad offenderci dovrebbero essere tutti quei problemi che soffocano Messina.
I messinesi, infatti, aspettano ore e ore agli imbarchi dei traghetti e degli aliscafi, aspettano che vengano sistemate le strade, che vengano pulite le spiagge, che venga aperta la metro-ferrovia Giampilieri-Messina, aspettano un piano che metta a norma tutte le case secondo criteri antisismici e che vengano assegnate le case a chi ancora vive nelle baracche.
I messinesi aspettano che vengano rivalutate le bellezze del territorio, il patrimonio storico e artistico, le uniche cose che ancora possono essere rivendicate quando si parla male di Messina: parlo del recupero delle nostre coste e di importanti centri storici e culturali del passato, come ad esempio la splendida e ormai dimenticata abbazia di Mili San Pietro.
E mentre aspettano, quegli stessi messinesi sentono parlare da 40 anni di Ponte sullo Stretto, il ponte più lungo del mondo, che finora è solo il Ponte mai realizzato più costoso del mondo.
Questa estenuante attesa di azioni concrete, prima ancora di qualsiasi parola di un giornalista, dovrebbe suscitare la rabbia e l’indignazione dei cittadini.

A suscitare l'indignazione dei messinesi dovrebbero essere i problemi che soffocano la città, non le parole di Caporale
Antonello Caporale non ha fatto altro che esprimere un sentimento condivisibile e scrive bene Gabriella Cerami nel suo Blog Magradotutto: “Quello che ha detto Caporale non è in contraddizione con il sentimento di insoddisfazione che si percepisce in città”.
Tuttavia, Messina in questa occasione ha dimostrato di non essere soltanto teatro di sterile insoddisfazione ma anche casa di persone che hanno accolto volentieri il giornalista ed hanno approfittato della sua presenza per parlare di loro stesse e dei loro problemi, aprendo così un dibattito che si era tentato più volte di chiudere.
La due giorni messinese, oltre ad offrire a Caporale la possibilità di conoscere molti cittadini e far parlare di sé e del suo libro, ha prodotto una discussione ed un confronto che, forse, metterà in moto la macchina dei talenti e dei contrasti alla mediocrità, quella di cui parla Caporale nel suo libro.
Il giornalista ha salutato Messina con queste parole: “Credo che una riflessione collettiva sia molto più utile di una querela, ma se la querela serve a fare discutere, è utile anche quella”.